La sinestesia è una delle figure retoriche più diffuse e affascinanti, e la letteratura italiana ne è piena! Tanto piena che difficilmente, in una verifica, riuscirete a evitare di doverla cercare e individuare. Vediamo cosa sia e come si trovi la sinestesia.
Eccoti, per iniziare, la definizione di sinestesìa: la sinestesìa è una figura retorica che consiste nell’accostare due termini appartenenti a due sfere sensoriali differenti. Ossia, avrai una sinestesia ogni volta che troverai nel testo un’associazione di sostantivi o aggettivi che siano risultato di percezioni sensoriali dissimili.
Alcuni esempi ti permetteranno di comprendere in un istante cosa sia una sinestesia: – “l’urlo nero della madre” (S. Quasimodo, Alle Fronde dei Salici): in questo caso si ha l’accostamento del termine urlo (entità percepibile con l’udito) e nero (percepibile invece con la vista); sostantivo e aggettivo derivano da piani sensoriali dissimili. – “Venivano soffi di lampi” (G. Pascoli, L’assiuolo): mentre il lampo è l’esplosione luminosa percepibile con l’occhio, il soffio è una sensazione tanto uditiva quanto tattile in senso lato; comunque, mai visiva.
O ancora: – “L’odore di fragole rosse” (G. Pascoli, Il Gelsomino Notturno): questa è una delle sinestesie classiche, anche perché subito evidente. In questo caso è l’olfatto a essere accostato alla vista. – “L’odorino amaro” (G. Pascoli, Novembre): con l’accostamento di una sensazione prettamente gustativa, con una evidentemente olfattiva.
La sinestesìa è dunque semplice da individuare, e viene utilizzata molto spesso da taluni autori (si veda Pascoli, negli esempi). Potrai identificarla molto facilmente, in quanto la semplice lettura renderà evidente la sua presenza. Stai attento, però, a non confonderla con la similitudine (sarà similitudine in presenza di locuzioni avverbiali, vedi come) o con la metafora.