Spesso la prosopopea non viene individuata dagli studenti perché scambiata con un semplice stratagemma narrativo. Pochi sanno, invece, che questa particolare forma di discorso costituisce una vera e propria figura retorica: ti spiegheremo, in questa guida, a riconoscere e indicare in sede di verifica la prosopopea.
Per iniziare, ti forniamo la definizione di prosopopea: la prosopopéa è una figura retorica che si realizza nel momento in cui l’autore permette a un oggetto inanimato, o a un animale, di parlare nel testo come fosse una persona. Spesso comunque, soprattutto nella letteratura greco-latina, la prosopopea si realizza quando l’autore permette all’anima di un defunto di parlare nella storia.
Il concetto di prosopopea, insomma, non dovrebbe essere complicato. Ti mostriamo comunque qualche esempio per chiarirti ulteriormente la natura della prosopopea. – ” Non conviene – dice il Vento – ch’io comporti tanta licenzia che v’avete tolta” (L. Ariosto, Orlando Furioso): come vedi, l’autore permette a una cosa inanimata (il Vento) di intervenire nella narrazione con una “fase parlata”, con un discorso diretto.
O ancora: – “La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: “Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra” (Siracide 24, 1-3): in questo caso è la Sapienza (altra cosa inanimata) a intervenire direttamente nel discorso.
Attraverso la prosopopea, l’autore raggiunge l’obiettivo di permettere alla stessa fonte di un concetto di parlare e spiegarlo al lettore, senza alcuna mediazione. Pensa al secondo esempio: se a pronunciare quella frase fosse stato, per avventura, un sapiente, l’effetto sarebbe stato ben diverso (meno marcato!) rispetto a quello ottenuto invece nell’esempio stesso, dove la stessa Sapienza declama il proprio pensiero.